Thursday, September 3, 2015

Film dal mondo: Water






Il sacro testo hindu di Manu, progenitore dell'umanità, recita così: "La donna virtuosa è colei che dopo la morte del marito rimane casta per sempre e raggiunge il paridiso anche senza figli". Questa sentenza datata più di duemila anni apre il film Water (2005) della regista indo-canadese Deepa Mehta su uno sfondo scuro, nero come l'ostracismo e la misoginia che il film grida a squaciagola, nero e buio di senso come quei sari, al contrario, bianchissimi indossati dalle vedove di Varanasi.

Kalyani e le altre vedove dell'ashram di Madhumati.
Shauntala spalma il balsamo di curcuma sulla testa rasata di Chuya.
E' il 1938 e l'India è ancora occupazione britannica. Quando l'anziano marito della piccola Chuya (Sarala Kariyawasam) muore, la bambina viene svegliata nel cuore della notte: "Chuya, ti ricordi che sei sposata?". No, dice la testolina scossa piena di sonno di Chuya. Eppure sposata lo è davvero e ora che suo marito è morto, Chuya è una vedova, 
destinata a scontare il suo peccato in un ashram per tutta la vita. 
Gli ashram, dal sanscrito srama, 'sforzarsi verso la liberazione', sono monasteri di eremitaggio dove le vedove hindu sono costrette a rinchiudersi, passando una vita spirituale di restrizioni e privazioni e redimendosi così dal peccato di essere sopravvissute al marito. Non più sari colorati, non più profumi né gioielli, non più risate né corse ("che fai? una vedova non può correre come una donna libera!") né dolci ("Da quando le vedove possono mangiare cibo fritto?"). Private della loro bellezza di donne, dei loro lunghi capelli, del puntino rosso tra le sopracciglia, queste creature rasate e bianche e portatrici di sfortune e malaugurio, vivono tutt'oggi in India all'ombra minacciosa dei padroni degli ashram che spesso si tramutano in luoghi di abuso e prostituzione.

Narayan scherza con Chuya in riva al fiume.
Nell'ashram della corrotta Madhumati (Manorama) a cui viene condotta, Chuya conosce la bellissima Kalyani (Lisa Ray) e l'enigmatica Shakuntala (Seema Biswas). Grazie a Chuya, l'amore nato tra Kalyani e il giovane seguace del Mahatma Gandhi, Narayan (John Abraham), tenta di trionfare sulle becere credenze sulle vedove ma è il destino stesso ad essere ancora più amaro, anche con la stessa bambina. Sarà solo grazie a Shakuntala che la benedizione di Gandhi in preghiera a Varanasi cadrà sul futuro di Chuya.

Un film immancabile, meraviglioso, definito da Salman Rushdie come "toccante per il cuore, indimenticabile", disincantato e aspro su uno dei taboo che ancora gettano ombra sull'India di oggi, dove più di 40.000.000 di donne vedove  continuano a subire questo disumano destino.

Kalyani e Narayan in riva al fiume.

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