Friday, May 9, 2014

Cucina cretese: Boureki, Tiganià e Dakos

Del mio viaggio sull'isola di Creta con le mie amiche Christianna ed Ilia, non posso fare a meno di ricordare gli squisiti sapori estivi di alcuni piatti tipici che ho poi riprodotto a casa con gli ingredienti a disposizione. 



BOUREKI

Il mio piatto preferito in assoluto della tradizione della città di Chania si chiama μπουρεκι (pronuncia: buréki). Si tratta di uno sformatino di zucchine e patate, di solito privo di crosta in sfoglia, arricchito dal dolce salame myzithra, simile alla ricotta italiana ma leggermente più salato, come fosse un figlioletto di ricotta italiana e feta greca. La torta salata boureki non ha una consistenza compatta e facilmente distribuibile in fettine precise e contenute, ma piuttosto è uno sformatino morbido, con una crosticina in cima di farina e sesamo.

Eccovi la ricetta.



Ingredienti:


- zucchine, patate e formaggio myzithra (o ricotta con feta greca, in sostituzione)       nella stessa quantità
- 1 cucchiaio di olio di oliva
- 1 manciata di foglioline di menta fresca
- farina bianca
- latte
- sesamo

Tagliare le zucchine a rondelle fini e farle passare grossolanamente nella farina. Tagliare le patate, precedentemente bollite, a fette sottili. Mescolare il formaggio fino a farne una crema, unendo anche un po' di latte per rendere il tutto meno compatto. Unire al composto le le foglioline di menta sminuzzate e il cucchiaio di olio.

In una terrina posizionare alternati uno strato di patate, uno di zucchine e uno del composto ottenuto, mantenendo come ultimo strato il composto. Aggiungere in ultimo i semi di sesamo. 
Cuocere in forno per circa 40 minuti a 180°.

TIGANIA

Un secondo piatto che mi è piaciuto moltissimo è il τηγανια (pronuncia: tiganià). Si tratta di un piatto di carne, maiale e salsiccia. Eccovi gli ingredienti ed il procedimento.


Ingredienti:

- carne di maiale
- salsiccia
- cipolla rossa
- τσίπουρο (pronuncia: zipùro = tradizionale grappa bianca greca diffusa nell'isola di     Creta)
- sale
- pepe
- paprika
- senape
- olio di oliva

Rosolare la carne in olio di oliva per 5-6 minuti, finché la carne non si colora ai lati.
Aggiungere la cipolla rossa tagliata a pezzetti sottili e rosolare per circa 4 minuti. Condire con sale, pepe un pizzico di e paprika. Diluire in una ciotola la senape con dell'acqua e versare il liquido sulla carne. Versare infine il  τσίπουρο e lasciare cuocere per altri 6-7 minuti per assorbire parte del liquido. Servire caldo.


DAKOS

Una terza ricetta è invece molto semplice e veloce, realizzata senza il bisogno di cucinare. Sono i ντάκος (pronuncia: dakos), le cosiddette "bruschette grece", simili alle friselle della tradizione pugliese.

Ingredienti:

- dakos 
- pomodori
- feta 
- olio di oliva
- origano

Immergere i dakos in una ciotolina riempita con due dita d'acqua in modo che assorbano l'acqua e si ammorbidiscano. Grattuggiare i pomodori lasciando scolare l'acqua in eccesso o, se i dakos sono ancora duri, usarla per ammorbidirli. In alternativa, tagliare i pomodori a fette sottili e adagiarle sopra i dakos. Sbriciolare sopra i pomodori la feta e condire con origano e olio di oliva. Decorare a piacere con olive o, se piacciono,  peperoni verdi freschi a listarelle. Mangiare così i dakos, freschi, o scaldarli per una "versione calda" della ricetta.

I nove figli del drago e altre fortune nella numerologia cinese

Mancavano pochi giorni al Capodanno cinese che quell'anno cadeva il 31 gennaio e una sera, durante la nostra abituale cena insieme, la mia amica cinese Shuang mi spiegò perché il numero nove è un numero fortunato nel suo Paese. Ogni volta che Shuang mi raccontava qualcosa della Cina, rimanevo incantata dalla sua voce sicura e avvolgente e mi divertiva vederla cercare lo sguardo della nostra più timida amica Huiting, anche lei cinese, per spronarla a dire la sua versione shanghainese delle tradizioni raccontate. Quella sera, davanti ad una zuppa di spinaci, uovo e tofu, che loro gustavano lentamente con le loro bacchettine di legno, parlammo a lungo del loro immenso Paese, che avevo avuto l'occasione di visitare anni prima per un breve periodo di tempo e che mi aveva lasciato tanti quesiti e voglia di scoprire di più della Cina, ricca di leggende, favole e stranezze.
La statua di un drago di bronzo
nella Città Proibita di Pechino.

Durante la dinastia Ming 明朝 (1368-1644), mi spiegò Shuang, si iniziò a raccontare dei nove figli del Drago. La mia amica non ne ricordava nomi e caratteristiche a memoria ma i suoi ricordi scatenarono in me grande curiosità riguardo questa tradizionalissima leggenda, tanto che andai a ricercare successivamente quali peculiari draghetti fossero i figli del grande Drago cinese. Shuang, bravissima cuoca e buongustaia, ricordava bene il quinto figlio, Tao Tie, spesso rappresentato in Cina su tazze e stoviglie, essendo il draghetto dell'atto del mangiare. Il figlio maggiore, Bi Xi, è invece un drago ibrido, dal corpo di tartaruga, la cui fortezza e stabilità gli permettono di trasportare pesi sovra umani e perciò è spesso rappresentato alla base di colonne e strutture.

Al sentire nominare i figli del Drago, il nostro amico cinese Bright, appena entrato di passaggio nella sala da pranzo, intervenne citando il suo drago preferito, Baxia, il sesto, nuotatore provetto e protettore dei corsi d'acqua. Come Baxia protegge dalle inondazioni, il secondo figlio del Drago, Chi Wen, è responsabile delle precipitazioni, in contrasto con Suan Mi, l'ottavo figlio, amante del fuoco e delle fiamme. Leggo poi, nelle mie ricerche, del forte ruggito di Pu Lao, il terzo figlio, e della passione per la musica di Qiu Niu, il nono drago. E infine l'equità e la ragionevolezza di Un Bi, responsabile dei luoghi di giustizia, e il valore bellico del battagliero Ya Zi, settimo figlio del Drago, la cui immagine su spade e lance donerebbe immortalità ai prodi combattenti.

"Non è solo il nove un numero fortunato!", aggiunse Bright, ormai accattivato dalla nostra conversazione e interessato a contribuire con la sua versione della tradizione cinese. Shuang e Huiting annuirono in accordo, e alternando una voce all'altra mi spiegarono che anche il numero sei era simbolo di grande fortuna, significando fluidità e scorrevolezza delle cose della vita. La pronuncia di tale numero è, infatti, così simile al verbo "scorrere" 流 (pronuncia: liù) da far pensare che il numero stesso abbia risentito di questo verbo, così rilassante e purificante, tanto da renderlo numero fortunato.

Shuang e Huiting mi spiegarono, inoltre, che il numero nove, essendo la maggiore delle unità numeriche, è un numero a cui si deve grande rispetto e su cui si fa molto affidamento in Cina. Per farmi comprendere quanta venerazione ci fosse per quel numero, le mie amiche fecero un nome che mi riportò alla mente ricordi di una nebbia umida e fitta, di un mattino d'agosto di rumori e spazi, storie di immagini antiche e filmografie:  la Città Proibita di PechinoSi affollarono nella mia mente gli edifici imponenti ed immobili delle dinastie Ming e Qing, costruiti tra il 1406 e il 1420, dimora impenetrabile di ventiquattro imperatori cinesi fino al 1924 quando il generale Feng Yuixiang spodestò definitivamente il potere imperiale ordinando la cacciata di Aisin Gioro Pu Yi e della sia famiglia. 

Porta Meridiana, Ingresso alla Città Proibita di Pechino.

Mi immaginai in quel momento, come allora, davanti alla Porta Meridiana, ingresso alla Città Proibita, in attesa di scorgere il bambino Pu Yi, incoronato a soli tre anni Imperatore della Cinavestito di seta gialla e con un copricapo di pelo scuro, ancora un po' grande per la sua testolina tonda di bambino re. Sollevando gli occhi verso il maestoso complesso, mi sembrò di vedere le nove file di nove borchie metalliche sulla vasta porta d'ingresso; il tipico tetto a spioventi decorato da ben nove figure animalesche; come nove sono anche le travi delle torri angolari, diciotto le loro colonne e settantadue i loro spioventi. "Tutti i multipli di nove sono fortunati", aggiunse, infatti, Huiting, in quella umida e appannata visione che ci aveva colto tutti, inaspettata, al rievocare una Cina mai vissuta da nessuno di noi. "Solo nella Città Proibita avrebbe potuto comparire così insistentemente il numero nove", aggiunge Shuang solenne, "perché è simbolo di potenza ineguagliabile di cui solo l'Imperatore cinese disponeva".


Lasciati i ricordi di un passato  Bright decise poi di nominare il numero otto, per completare la tripletta vincente delle unità fortunate cinesi. La pronuncia della parola otto, infatti, è simile al carattere cinese 发 (pronuncia: fa), indicatore di successo e fortuna. Nelle mie ricerche successive alla conversazione, trovai poi una notizia curiosa: i Giochi Olimpici del 2008 a Pechino sono iniziati alle 8.08 di sera dell' 8.08.2008.


L'augurio mandatomi dalla mia amica Shuang: il "fu", ovvero. tutte le cose più belle del mondo.
Più di un anno dopo la mia conversazione sui numeri fortunati cinesi con Shuang, Huiting e Bright, ricevetti un messaggio da Shuang, proprio il giorno prima della Vigilia del Capodanno cinese, che quell'anno cadeva il 10 febbraio. La mia amica mi mandò il disegno di un carattere cinese, "fu", dal significato immenso ed inesauribile. "Questo carattere rappresenta tutte le cose belle del mondo che tu puoi immaginare", mi spiegò Shuang, e mi sembrava di sentirla e vederla davanti a me, entusiasta delle tradizioni più fiabesche e consolanti del suo grande Paese.  "Voglio mandare a te e alla tua famiglia tutte le cose più belle del mondo e i miei migliori auguri!", mi scrisse, "Buon Capodanno Cinese!".