Sunday, December 21, 2014

Gli spazi di La Habana, piccole immagini di Cuba

Veduta di una spiaggia nei pressi di La Habana, Cuba.

Era l'aprile del 1997 quando due bambini si ritrovarono con mamma e papà su un volo diretto a La Habana, Cuba. Eravamo piccoli, mio fratello ed io, e non potevo immaginare che un viaggio a quell'età sarebbe rimasto così impresso nella mia memoria tanto da poterne scrivere diciassette anni dopo.

La verità è che quando penso a Cuba mi tornano alla mente tantissime sensazioni piccole, dei dettagli indimenticati che sono il mio ricordo dell'isola.
Non lo compresi all'epoca, ma ora, riguardando le fotografie scattate e ripensando a quei giorni, non posso fare a meno di pensare che furono 
Una bambina posa per la foto vicino ad una
bancarella di libri a La Habana, Cuba.
gli spazi di La Habana a colpirmi.

Gli spazi urbani, così ampi sulla plaza de Armas, coi viali ombreggiati di piante, le grandi arcate che proteggevano dal sole tropicale le semplici bancarelle di libri un po' stropicciati dal caldo. La Habana Vieja (L'Avana Vecchia) che, dalla sua fondazione nel 1515 ad opera conquistodor Diego Velázquez de Cuéllar, si vide adornare di edifici coloniali spagnoli, ora patrimonio dell'UNESCO. Gli spazi più vividi e gorgoglianti di gente delle viuzze colorate e sbiadite, come l'affollata Boteguita del Medio, che deve il nome alla sua posizione stranamente centrale lungo la via. Acquistata e tramutata in bar-ristorante cubano nel 1942 dallo spagnolo Angel Martinez e poi visitata da celebri personaggi come Ernest Hemingway, Salvador Allende, Pablo Neruda,... che ne consolidarono la popolarità, fu anche luogo di invenzione di uno dei cocktail simbolo dell'isola: il mojito
Veduta di un tratto del Malecon, La Habana, Cuba.

Gli spazi lunghi e ariosi del Malecon, l'avenida Antonio Maceo, inizialmente ideata nel 1901 come viale di alberi e luci, incontrò i dissapori del vento oceanico e divenne l'attuale camminamento di otto chilometri, essenziale ed aperto, magnetico per chiunque cammini al suo fianco. 

Due ragazze cubane intente a pettinarmi.
Gli spazi piani ed infiniti delle spiagge di Playa del Este, dove le mani rapide di due ragazze intrecciarono i miei capelli lunghi di bambina in decine di treccine sottilissime fermandole con dei fermaglietti metallici e io, seduta sulla sabbia bianca e tiepida di Cuba, aspettavo di vedere quel capolavoro di precisione e destrezza che sarebbero stati i miei capelli poco più tardi. Quanto amavo quelle treccine, non avrei voluto scioglierle mai! Mentre mi guardavo intorno nell'attesa, un ragazzo dai capelli scurissimi e ricci mi mostrò dei giornalini "Topolino": se li era fatti regalare da qualche turista, e mi diceva "Imparo l'italiano così", leggendo quei fumettini, memorizzando le parole e i verbi utili tra un'onomatopea e l'altra, tra una battuta e l'altra. Ricordo la ineguagliabile luce bianca del mattino che faceva sembrare la sabbia di zucchero e il mare dalle onde lente e sinuose dello stesso colore del cielo, di un'allegria sfavillante, come se nella natura si celasse la felicità vera del popolo cubano. Quel mare e quel cielo sorridenti che mai tradivano la malinconia che invece c'era e che vedevamo...

Una spiaggia di Playa del Este, Cuba.

...Negli spazi desolatamente vuoti dei negozi chiusi, delle vetrine inutili, delle farmacie sfornite. Le cose che mancavano a Cuba si vedevano: a volte facevano sorridere, come i vetri dei finestrini di un'auto in centro a l'Avana, a volte, invece, non facevano sorridere per niente.


Un'automobile a cui mancano, forse volutamente, i vetri ai finestrini, La Habana, Cuba.
Gli spazi da percorrere, per raggiungere una cremita - così chiamavano le donne cubane i campioncini di crema e profumo-, un vestitino in regalo, un salvagente colorato per il bambino. Si camminava anche con una bicicletta sgangherata appreso per poterla forse barattare con un orologio italiano, si camminava per tanti chilometri con delle arance e dei manghi in un sacchetto di plastica e i bambini per mano o in braccio per raggiungere il dottore che aveva una medicina che a Cuba non si trovava. Nella Cuba di Fidel si camminava, e tanto, per avere una possibilità. Camminava chi sapeva che la rivoluzione avrebbe salvato Cuba dal capitalismo e camminava chi, nelle gigantografie "del Che", non riusciva proprio a vederla, la pace.












1 comment:

  1. bellissimo ricordo di tanti anni fa, ma hai saputo riviverlo nitido come un viaggio appena fatto!

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