Particolare del dipinto 'Africa' di Helene Fallstrom 2011. |
Occhi, tantissimi occhi scuri, scurissimi, ancor più delle pelli, pieni di parole in molte lingue che non capisco e vorrei ardentemente capire; straboccanti di ricordi roventi e luminosi come solo l'Africa sa essere. Immagino, e desidero vedere -perché nella loro Africa non ci sono stata, non ancora. Uno scoppio di colori, sì, uno scoppio, come quello del cuore di tutti i ragazzi di ebano, traditi e soli, speranzosi e soli, coraggiosi e soli, spaventati a morte e soli. Occhi, scuri come l'argilla bagnata, come le forme degli alberi contro il rosso tramonto, occhi che non lasciano entrare nessuno finché qualcuno non bussa piano sulle loro lucide pareti di ebano.
Aspettano, i ragazzi, in un silenzio rumoroso di cui provo a sentire la voce, con una compostezza riconoscente, così antica da sembrare irreale, ovattati come i passi dei piedi nudi sul pavimento, piccoli nelle loro maestose figure. E poi, d'improvviso, basta una parola, uno sbattere d'ali, un parlare mai sentito per rianimare i loro volti assopiti, come non avessero mai atteso altro che quell'attimo, come servisse un niente per ricordar loro che sanno sorridere e diventare invincibili.
Alcuni dei 'ragazzi di ebano' che hanno voluto raccontarmi le loro storie. |
Ma di nuovo, ecco uno sbatter di ciglia e non si è più là, ma qui, in questo nuovo Paese, un po' brutto, un po' bello, ma si è qui, grazie a Dio! -così gridano gli occhi dei ragazzi di ebano- si è qui! si è qui. Si è riuciti ad essere, anche qui, come si era là, un tempo...
No comments:
Post a Comment